venerdì 23 novembre 2007

Lo stipendio del dipendente pubblico

Fra i diritti patrimoniali il più importante è quello dello stipendio. Lo stipendio è una prestazione periodica in denaro cui la pubblica amministrazione è tenuta verso l’impiegato.

COLLOVATI

I doveri dell’impiegato

In base agli art. 54 e 55 D.Lgs. 165/2001, la definizione dei doveri del dipendente spetta al Codice di Comportamento uniforme adottato per tutte le amministrazioni dal Dipartimento della Funzione pubblica. Il codice di comportamento viene recepito in allegato ai contratti collettivi e coordinato con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare e doveri del dipendente.I doveri sono dovere di fedeltà alla Repubblica, sancito dall’art. 51 della Cost., i principi di imparzialità e buon andamento affermati dall’art. 97 della Cost. e al carattere democratico della Repubblica art. 1 Cost., che impone di favorire rapporti di fiducia fra amministrazioni e cittadino. I doveri di diligenza, obbedienza e fedeltà sono sanciti, anche per il rapporto di lavoro privato dagli art. 2104 e 2105 del Codice Civile.

COLLOVATI

La formazione del personale assunto

Al fine di mantenere e, possibilmente, accrescere la competenza del personale alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, gli enti devono predisporre annualmente un piano di formazione del proprio personale.

COLLOVATI

Qualifiche funzionali ed aree

La qualifica è, la posizione di lavoro che l’impiegato pubblico occupa all’interno dell’amministrazione. All’interno di ciascuna qualifica erano raggruppati diversi profili professionali, fondati sulla tipologia della prestazione lavorativa, considerata per il suo contenuto, in relazione ai requisiti culturali, al grado di responsabilità, alla sfera di autonomia che comporta.
All’interno di ciascuna area sono collocati profili professionali che descrivono il contenuto professionale di attribuzioni specifiche contraddistinte da differenti gradi di complessità e di contenuto possono essere collocati su posizioni economiche diverse, ciascuna contrassegnata da un numero ( es. B1, B2, B3 )


COLLOVATI

La struttura del pubblico impiego. Piante organiche , dotazione e ruoli

Ogni amministrazione ha la sua pianta organica, che individua il complesso delle posizioni lavorative previste dal disegno organizzativo dell’ente; la dotazione organica indica il numero complessivo dei posti assegnati a ciascuna amministrazione; i ruoli rappresentano i posti caratterizzati da stabilità e permanenza nel tempo presenti nella pianta organica.

COLLOVATI

giovedì 22 novembre 2007

L’Agenzia per la rappresentanza negoziale della pubblica amministrazione ( ARAN)

L’ARAN ha la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni ed esercita a livello nazionale ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e all’assistenza alle pubbliche amministrazioni ai fini dell’uniforme applicazione dei contratti collettivi.

L’ARAN assicura la raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe dei sindacati che devono essere ammessi alla contrattazione collettiva.

I rappresentanti dei lavoratori relativamente alla stipula dei contratti collettivi nazionali sono le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto una rappresentatività non inferiore al 5%.

Il contratto collettivo, una volta sottoscritto, acquista efficacia erga omnes, cioè sia per le amministrazioni che per tutti i lavoratori interessati.

COLLOVATI

Il rapporto di pubblico impiego

Il rapporto d’impiego pubblico è quel rapporto di lavoro per cui una persona fisica pone volontariamente la propria attività, in via continuativa e dietro retribuzione, al servizio dello Stato o di ente pubblico non economico, assumendo particolari diritti e doveri.

I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dal Capo I Titolo II del Libro V del Codice Civile.

COLLOVATI

La struttura degli enti pubblici: organi e uffici, rapporto organico. Rapporto tra organo ed ente

Gli uffici nella maggior parte dei casi, svolgono attività di carattere interno all’ente, gli organi, invece, hanno sempre competenza esterna, entrano in rapporto con gli altri soggetti dell’ordinamento o anche con organi di altri enti pubblici.

L’organo è una parte costitutiva dell’ente, non un soggetto a se stante. Gli organi non sono soggetti giuridici autonomi: essi fanno parte dell’ente, agiscono per conto di esso, come se fossero l’ente stesso.

Preposto all’ufficio o all’organo è il soggetto investito dell’ufficio che si trova nella qualità di autore e responsabile dell’attività di esso.

Le persone fisiche sono legati all’ente da due diversi tipi di rapporto:

  • Il rapporto organico è il rapporto per il quale la persona che agisce per l’ente è, nell’esercizio delle sue funzioni, l’ente stesso.
  • Il rapporto di servizio è un vero e proprio rapporto giuridico e indica il tipo di vincolo giuridico esistente tra ente e persona fisica.

Il rapporto di servizio si istaura, nella generalità dei casi, attraverso un atto di assunzione del soggetto da parte dell’ente ( rapporto di pubblico impiego)

COLLOVATI

La pubblica amministrazione

Esistono fini fondamentali ed imprescindibili cui deve tendere l’attività della pubblica amministrazione e che sono:

  • Mantenimento dell’ordine interno e della sicurezza esterna ( cd. Attività giuridica della P.A.).
  • Compiti di propulsione economica e benessere sociale ( cd. Attività sociale della P.A.)

Per lo svolgimento di tali compiti, la pubblica amministrazione pone in essere una serie di atti (gli atti amministrativi) che costituiscono, nel loro complesso, l’attività amministrativa.

GENTILE

I controlli sugli atti degli enti locali

L’art. 130 della Costituzione affidava ad un organo della Regione, nella specie il Co.Re.Co., l’esercizio del controllo di legittimità sugli atti degli enti locali. Tale articolo costituiva il fondamento costituzionale dei controlli previsti dal D.lgs 267/2000.

I rappresentanti delle autonomie locali e del Governo hanno precisato che i controlli già previsti dagli abrogati articoli 125 e 130 della Costituzione cessano a decorrere dall’entrata in vigore della legge cost. 3/2001 e che, pertanto i Comuni, le Province, e gli altri enti locali non dovranno più inviare i loro atti amministrativi agli organi regionali di controllo.

Le Funzioni degli Enti Locali

La Provincia è l’Ente locale intermedio, con il compito di curare gli interessi e promuovere lo sviluppo della comunità provinciale. La riforma costituzionale del 2001 riconosce alle Province al pari degli altri Enti Locali, autonomia statutaria, regolamentare e finanziaria di entrata e di spesa.

Le Regioni, lo Stato, Unione europea

Le sedi di concertazione, in cui lo Stato e autonomie territoriali s’incontrano per definire linee politiche amministrative e scelte comuni.

Le Conferenze permanenti operanti sono:

La Conferenza Stato – Regioni; La Conferenza Stato ed Autonomie locali; La Conferenza unificata.

Le Regioni nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea.

ZOFF

I controlli sulle leggi regionali

Il vecchio art. 127 istituiva e disciplinava il procedimento di controllo sulle leggi regionali e attribuiva la veste di organo controllore al Governo.

Il legislatore costituzionale prevede ora che la legge regionale possa essere eccepita esclusivamente sotto il profilo della legittimità costituzionale quando ecceda la competenza della regione. Spetta esclusivamente alla corte costituzionale giudicare.

ZOFF

Il procedimento di formazione delle leggi regionali

Le fasi sono le seguenti:

  • L’iniziativa legislativa. Spetta alla Giunta regionale, ai singoli consiglieri regionali e al corpo elettorale regionale.
  • L’istruttoria. Tale fase preparatoria è svolta dalle commissioni permanenti in sede referente, strutturate sul modello di quelle esistenti in Parlamento.
  • La deliberazione. Questa fase si svolge innanzi all’Assemblea regionale poiché le Commissioni permanenti no hanno alcun potere deliberativo.

ZOFF

Gli organi delle Regioni

La Costituzione Art.121 prevede che tutte le Regioni siano dotate di una struttura imperniata su tre organi di vertice


  • Il Consiglio regionale è l’organo rappresentativo della collettività regionale, titolare della potestà legislativa regionale.
  • La Giunta regionale è l’organo esecutivo;
  • Il Presidente della Giunta, che cumula la carica di Presidente dell’organo esecutivo e quella di Presidente della Regione. Egli nomina e revoca i componenti della Giunta.

Il Difensore civico regionale è un organo di controllo del buon andamento dell’amministrazione regionale.

Il Consiglio delle Autonomie locali nelle intenzioni del legislatore funge da organo di coordinamento e per dar voce alle esigenze del territorio e per creare un immediato contratto fra la regia regionale e la disomogeneità locali.

ZOFF



Le regioni ad autonomia ordinaria e speciale

La Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali, cioè la capacità delle comunità territoriali di gestire una parte di affari pubblici.

Nel nostro ordinamento esistono le Regioni a Statuto ordinario e le Regioni a Statuto speciale. Lo Statuto delle Regioni a statuto speciale non trova applicazione nelle norme del Titolo V della Costituzione, bensì il rispettivo Statuto speciale.

ZOFF

Le funzioni e i profili che caratterizzano la provincia

La provincia è definita ente intermedio fra Comune e regione e cura gli interessi e promuove lo sviluppo della comunità provinciale.

Tra le funzioni amministrative affidate alla provincia si possono indicare: la difesa del suolo; la territorio; la valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; la protezione della flora e della fauna; dei parchi e delle riserve naturali; lo smaltimento dei rifiuti e la creazione di discariche di carattere intercomunale. Tra i nuovi compiti affidati alla Provincia risalta quello della programmazione e pianificazione territoriale.

Le prescrizioni del piano territoriale di coordinamento non sono immediatamente vincolanti per i cittadini, ma impongono ai Comuni di conformarsi ad esse.

CABRINI

Finanza, contabilità, controllo sugli atti, organizzazione degli uffici e del personale, responsabilità degli amministratori e dei dipendenti dei Comu

Con la riforma fiscale del 1971 il Comune come la Provincia divenne un Ente a finanza derivata, le sue entrate erano quelle trasferite dallo Stato e dalle Regioni, per cui l’autonomia riguardava solo il fronte della spesa.

Ciò ha portato alla deresponsabilizzazione dell’ente locale, il quale non si doveva preoccupare del problema dell’entrate e della pressione fiscale, per la quale ogni responsabilità era dello Stato.

E’ così cominciata un’inversione di tendenza diretta ad aumentare le entrate proprie degli enti locali e, diminuire il trasferimento di fondi statali e regionali.

Nel 1989 si è istituita l’imposta comunale per l’esercizio di imprese arti e professioni ICIAP. Tale imposta è stata soppressa con l’introduzione dell’IRAP a favore delle regioni. In corrispondenza, è stato incrementato il gettito a favore dei comuni derivante dall’ICI. E’ inoltre prevista un’addizionale IRPEF dal 1997.

La Legge 142/1990 ha riconosciuto al Comune autonomia finanziaria e potestà impositiva autonoma.

Con il D.lgs n° 77/1995 sono stati dettati i nuovi principi contabili che si applicano alle attività di programmazione finanziaria, di previsione, di gestione, di rendicontazione, di investimenti e di revisione nonché alla disciplina del dissesto degli enti locali; essi sono volti ad ammodernare la gestione economica e hanno previsto, una diversa struttura del bilancio, un piano esecutivo di gestione, un sistema di contabilità economica e un controllo di gestione.

L’adozione degli atti deliberativi da parte del Consiglio o della Giunta devono essere corredati dai pareri di legittimità e di regolarità tecnica e contabile espressa da responsabili dei settori amministrativi, tecnici e contabili.

Tempi, modalità e procedure per l’adozione della delibera devono essere stabiliti nello statuto comunale.

L’organizzazione degli uffici e al personale deve essere disciplinata con lo statuto, essa deve tendere a realizzare la funzionalità e l’economicità della gestione secondo principi di professionalità e responsabilità degli impiegati e dei dirigenti. L’ordinamento ha notevolmente rafforzato il ruolo dei dirigenti stabilendo che spetta ad essi, secondo le modalità previste dallo statuto, la presidenza delle commissioni di gara e di concorso, la stipulazione dei contratti, gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l’assunzione di impegni di spesa, gli atti di Amministrazione e gestione del personale; i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni di natura discrezionale.

In conseguenza della maggiore responsabilizzazione del Sindaco o Presidente della Provincia nei confronti della Comunità Locale dovuta al meccanismo dell’elezione diretta introdotto dalla Legge 81/1993 è stata istituita la figura del Direttore Generale nominato direttamente dal Sindaco o Presidente di provincia al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato che non può eccedere il mandato di chi lo nomina, allo scopo di provvedere ad attuare gli indirizzi e gli obbiettivi stabiliti e di sovrintendere alla gestione dell’ente.

Il Direttore generale crea i collegamenti tra gli organi d’indirizzo politico e quelli di gestione, allo scopo di assicurare il raggiungimento degli obiettivi.

ZOFF


Gli istituti di partecipazione negli enti locali

Strumentale per l’effettiva realizzazione della partecipazione è la possibilità di prendere visione degli atti e, infatti, è previsto che tutti gli atti dell’Amministrazione comunale e provinciale siano pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del Sindaco ( o del Presidente) che ne vieti l’esibizione, in conformità alla previsione del regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza di persone gruppi o imprese. Apposito regolamento assicura ai cittadini il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie.

Nella direzione di rendere effettivo il diritto di accesso viene Introdotto l’Ufficio per le Relazioni con il Pubblico.

E’ possibile provvedere nello statuto l’Istituto del Difensore Civico, il quale svolge un ruolo di garante dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica Amministrazione comunale e provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell’Amministrazione nei confronti dei cittadini.

Gli istituti di partecipazione sono volti a rendere effettivi la trasparenza e il coinvolgimento del cittadino, singolo o associato, giocano un rilevante ruolo per caratterizzare in senso più democratico la gestione del potere a livello locale.

GENTILE

Province e Comuni

Nella Legge 142/1990 viene stabilito che i Comuni e Province hanno autonomia statutaria (oltre che regolamentare). La legge ora confluita con le successive modifiche intervenute nel T.U. degli Enti Locali n.267/2000, ha previsto che lo statuto non si adotta con una normale delibera dell’ente, ma è deliberato dal Consiglio comunale (o provinciale) con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati.

Sia i regolamenti che le altre delibere devono conformarsi alle norme espresse nello statuto. Il T.U. prevede che gli enti locali adottino regolamenti.

Il contenuto dello statuto non è rimesso alla totale discrezionalità dell’ente, perché incontra i limiti non solo dei principi costituzionali, delle leggi, statali e regionali e dei principi dell’ordinamento, ma anche quelli posti dal T.U., e quest’ultimo non lascia spazio per le scelte sulla forma di governo.

Sono organi elettivi: il Sindaco e, per la Provincia, il Presidente: il Consigli; la Giunta, che è organo nominato dal Sindaco ( o dal Presidente).

Sono invece, organi non elettivi: i segretari comunali e provinciali, il direttore generali e i dirigenti.

Il Consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo politico- amministrativo. Il Sindaco ( il Presidente) è l’organo responsabile dell’Amministrazione dell’ente; nomina (e può revocare) gli assessori e, sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio, i rappresentanti del Comune presso enti, aziende od istituzioni ( prima spettava al Consiglio); nomina i responsabili degli uffici e dei servizi e attribuisce e definisce gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna; può nominare un Direttore generale.

La Giunta è l’organo di competenza residuale, attua gli indirizzi generali e svolge attività propositiva e di impulso nei confronti del Consiglio.

La riforma introdotta dalla Legge 81/19993 modifica in senso “Presidenzialista” il sistema, dando rilievo preminente alla figura di Sindaco.

dirigenti.

CABRINI

Le Regioni

Le Regioni sono state istituite dalla Costituzione che traccia le linee di uno Stato regionale, nel quale alle Regioni sono attribuiti dia poteri amministrativi che poteri legislativi.

Ma l’autonomia regionale non ha trovato il giusto sviluppo. Inoltre nel tempo la Corte Costituzionale ha ispirato la propria azione, al rafforzamento della posizione dello Stato, limitando l’autonomia regionale e quella degli altri enti locali.

Ce da sottolineare che verso i Comuni e le Province, la Regione ha nel tempo assunto un ruolo simile a quello dello Stato, accentrando invece di favorire lo sviluppo delle autonomie.

A Costituzione invariata, il Parlamento aveva già approvato una legge n. 59/1997 che delegava il Governo a emanare decreti legislativi per il conferimento di funzioni e compiti alla Regione a agli enti locali. Si tratta di un ampio decentramento amministrativo che si basa su i seguenti principi:

Sono conferiti alle Regioni e agli enti locali tutti i compiti e le funzioni relative alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori, attualmente esercitati da qualunque organo o Amministrazione dello Stato, centrali o periferici.

Ciascuna Regione deve adottare, entro sei mesi dall’emanazione di ciascun decreto legislativo, la legge di puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla regione stessa.

ZOFF

L’attribuzione delle funzioni amministrative tra gli Enti territoriali che costituiscono la Repubblica

Nei rapporti tra Enti territoriali di diverso livello( Es. Comune nei riguardi della provincia ecc.) per la parziale coincidenza del territorio, è necessario individuare dei criteri di riparto di funzioni che attengono ad altri aspetti.

La Costituzione ha individuato come criterio la materia, nella ripartizione della potestà legislativa e regolamentare tra lo Stato e le Regioni.

Con la legge Cost. n. 1/2003 l’art.118 abbandona il criterio delle materie per le funzioni amministrative. La norma costituzionale nell’attribuire le funzioni amministrative ai Comuni, alla Provincia ecc. utilizza i principi di “sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza”.

Il principio di sussidiarietà, affermato nel trattato di Mastricht, attribuisce compiti, funzioni e relative responsabilità alle comunità e agli organi più vicini agli interessi da tutelare. Il Governo centrale interviene anche in competenze del governo locale, qualora quest’ultimo non riesca a provvedere.

La sussidiarietà c.d. verticale prevede l’intervento dell’Ente di dimensioni maggiori quando le funzioni non siano compatibili con le minori dimensioni territoriali dell’Ente più vicino ai cittadini.
ZOFF

Gli Enti pubblici territoriali e le autonomia

Gli enti pubblici territoriali sono chiamati così perché il territorio viene considerato l’elemento costitutivo. Ogni ente ha un ambito territoriale in cui esercita la sua attività. Il territorio rappresenta insieme l’ambito e l’oggetto dell’attività.
Questi enti sono portatori della generalità degli interessi propri della detta comunità.
Le Province e i Comuni possono istituire, per la gestione dei servizi pubblici che hanno per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, aziende speciali, istituzioni e società per azioni a prevalente o minoritario capitale pubblico locale.
Lo Stato non può istituire enti pubblici se non per legge; il Comune e le Province, invece, possono procedere con atti amministrativi.
Sempre con atti amministrativi vengono costituiti per la gestione associata di uno o più servizi i consorzi di Comuni e Province, che sono enti pubblici costituiti da enti pubblici.

Tra gli enti pubblici territoriali, le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitane sono a garanzia costituzionale, non possono essere soppressi se non con una modifica costituzionale.
Il sistema delle autonomie disegnato nella Costituzione all’art.5 oltre all’unità e indivisibilità dela Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali, i cui i cardini vengono dettati nel Titolo V della Costituzione, di recente riformata e con D.Lgs 267/2000, Testo Unico delle
Leggi sull’ordinamento degli Enti Locali.
CABRINI

sabato 17 novembre 2007

Le circolari amministrative, le norme interne e la prassi amministrativa

Per la burocrazia, la “circolare” è, di fatto, la fonte di gran lunga più importante, quella che riceve più obbedienza ed è dotata del più alto grado di effettività.
Il vocabolo”circolare” viene inteso come sinonimo del comando che un organo superiore impartisce a tutti gli uffici ad esso sottoposti. Poiché l’organo superiore è quasi sempre un ministro, e gli uffici sottoposti sono quindi numerosi, il comando tende ad assumere il carattere di generalità e anche quello dell’astrattezza.
La definizione delle circolari come atti di un’autorità superiore che, stabiliscono in via generale e astratta regole di condotta di autorità inferiori nel disbrigo degli affari d’ufficio.
Le circolari assunte quali fonti delle c.d. “norme interne”, ossia di quelle norme valevoli esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento amministrativo.
Ciò salvaguardava il principio gerarchico cui si ispirava l’organizzazione pubblica e tutelava nei confronti della circolare il cittadino, il quale non era tenuto ad impugnare le circolari del tutto inoperanti nei suoi confronti, ma poteva limitarsi a denunciare l’illegittimità dell’atto applicativo.Questa costruzione configge con un dato fattuale: i comandi contenuti nelle circolari si proiettano spesso all’esterno dell’ordinamento amministrativo.
Di fronte a questa contestazione si è riscoperta l’originaria natura di semplice strumento di comunicazione per il quale la circolare, non è altro che una misura di conoscenza, dai contenuti più vari, ma non un atto amministrativo, ne tanto meno un atto normativo.
Le tipologie di circolari più importanti sono:
Circolari interpretative. Attraverso di esse, gli organi di vertice dell’amministrazione intendono conseguire il risultato di un’applicazione uniforme del diritto obiettivo, indicando agli uffici sottoposti quale sia, secondo loro, l’interpretazione corretta delle norme in questione. Non si è in presenza di un vero e proprio comando, da parte del superiore gerarchico, ma di un ausilio all’interpretazione della norma. L’ufficio dipendente potrà validamente discostarsene, appellandosi al prevalente comando espresso dalla legge medesima.
Circolari normative. Attraverso di esse, l’organo sovraordinato prescrive a quelli sottoposti di tenere un certo comportamento nell’espletamento delle loro attività. Deve trattarsi, ovviamente, dell’esercizio di poteri discrezionali, perché se ci si trova di fronte ad attività vincolate, l’ufficio sovraordinato non potrà emanare circolari interpretative. Anche le circolari normative, benché vincolanti, possono essere disattese dall’ufficio sott’ordinato purché con adeguata motivazione.
Circolari informative. Attraverso di esse, l’organo emittente si limita a comunicare agli uffici fatti o notizie che ritiene utili per l’espletamento dei compiti d’itituto.
Tutti gli ordinamenti giuridici sono dotati di autonomia normativa e producono norme proprie che vigono esclusivamente all’interno dell’ordinamento che le produce.
Le norme interne hanno in genere rilevanza in quanto consentono di qualificare i comportamenti dei dipendenti pubblici, per esempio ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’impiegato.
L’ufficio amministrativo che, nell’esercizio di un potere discrezionale, si attenga per lungo tempo ad una medesima linea di condotta, da luogo alla c.d. “prassi amministrativa”.
La prassi amministrativa non costituisce in alcun modo una fonte del diritto, e non va confusa con la consuetudine.
L’inosservanza della prassi, ancorché inidonea di per sé a violare una norma giuridica, si traduce pur sempre, se non è accompagnata da un’idonea motivazione, nella violazione del dovere di coerenza che incombe sull’amministrazione come regola deontologica da osservare nell’esercizio del potere discrezionale.
ZOFF

La potestà regolamentare degli enti locali

La potestà regolamentare attribuita agli enti locali dalla legislazione previdente, è stata confermata ed ampliata dalla legge 142/1990 che ne subordina l’esplicazione, oltre alla legge, anche al rispetto della normativa statutaria.Il potere regolamentare degli enti locali è costituzionalizzato dalla legge cost. n° 3/2001. L’art.117 comma 6 recita che i Comuni, le Province hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Va segnalato infine che le aziende speciali dei comuni ( enti strumentali dei comuni stessi per la gestione di carattere imprenditoriale) hanno anch’esse potestà regolamentare di tipo esclusivamente organizzativo ( art. 114 T.U. 267/2000)
Il vincolo del regolamento al rispetto dello statuto si traduce nella necessità che quest’ultimo sia formato prima dei regolamenti.
La potestà normativa regolamentare discendente dalla riforma del Titolo V Cost. riguarda quindi prevalentemente l’azione amministrativa degli enti locali.
Alla fonte regolamentare resta attribuito l’ambito dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni, mentre la disciplina dell’organizzazione in senso generale, sotto il profilo della configurazione istituzionale di base, deve ascriversi allo Statuto dell’ente.
ZOFF

Lo statuto comunale e provinciale

Il rapporto tra legge e statuto non era riguardabile soltanto in termini di gerarchia, ma anche in termini di competenza ( sia pure verticale).
I rapporti tra legge e statuto tenevano conto della supremazia della prima e della riserva di competenza a favore del secondo, ponendosi classicamente, in termini di atipicità rispetto all’ordinamento generale delle fonti del diritto.Alla luce della soppressione dell’art.128 si può affermare che dalla riforma costituzionale discenda la natura di fonte primaria dell’ordinamento repubblicano degli statuti, che dettano le norme principali dell’ordinamento locale, divenendo obsoleti i rapporti interistituzionali di gerarchia.
Bisogna peraltro osservare la potenziale subordinazione dello statuto ai principi fissati dalla legislazione statale, almeno per quanto attiene alla individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali, espressamente riservata alla legge statale.
Per quanto concerne il contenuto dello statuto vi sono da un lato contenuti obbligatorii dall’altro contenuti facoltativi. I primi che non possono assolutamente mancare sono le attribuzioni degli organi; l’ordinamento degli uffici ( la cui disciplina dovrebbe enunciare principi-guida che dovrebbero trovare specificazione in norme regolamentari); l’ordinamento dei servizi; le forme di collaborazione tra comuni e province; gli istituti di partecipazione ( le norme statutarie più rilevanti sono quelle relative al Difensore civico ed al referendum consultivo, avendo molti altri istituti trovato disciplina nella Legge 241/1990); il decentramento; l’accesso dei cittadini agli atti( vi è una sovrapposizione con la legge 241/1990 che disciplina l’accesso agli atti.
Lo statuto è approvato dal Consiglio Comunale (e provinciale). Lo statuto approvato viene inviato al Co.Re.Co. Comitato Regionale di Controllo, che può sindacarlo esclusivamente sotto il profilo della legittimità.
Una volta superato il controllo, lo statuto, in quanto atto normativo, viene pubblicato sul bollettino ufficiale della regione BUR. L’atto è inoltre trasmesso al Ministero degli Interni, perché venga inserito nella raccolta ufficiale degli statuti ivi istituita.
ZOFF

La potestà regolamentare è di tipo esclusivamente organizzativo, in riferimento alla struttura degli uffici e al rapporto con il personale.

Già prima della legge 142/1990, i cui contenuti sono stati trasfusi nel Testo Unico degli Enti Locali n. 267/2000, alla normazione regolamentare degli Enti Locali era affidata la disciplina di numerose e rilevanti materie, quali ad esempio la polizia urbana e rurale; la polizia mortuaria; l’edilizia; l’igiene e la sanità; l’assistenza farmaceutica; l’assistenza ai poveri e agli indigenti; i tributi comunali; l’Amministrazione e l’uso dei beni comunali; la raccolta dei rifiuti solidi urbani; l’acquedotto; la pubblicità e le pubbliche affissioni; gli autoveicoli del servizio pubblico.
La legge 142/1990 ha riconosciuto ai comuni e provincie autonomia statutaria inoltre predispone un unico disegno organizzativo di massima, che ciascun ente potesse quindi integrare, ma non modificare integralmente.
La soluzione prescelta dal legislatore del 1990 non è quella dei valori dell’autonomia; tale legge non offre all’autonomia locale spazi adeguati.
Gli organi degli Enti non solo sono individuati dalla legge del tradizionale numero di tre ( Consiglio comunale, Giunta e Sindaco) ma vengono disciplinati dallo stesso legislatore in maniera quasi totale nulla lasciando alla disciplina statutaria.
Dalla Legge 142/1990 emerge un disegno complessivo che vede il Consiglio Comunale (eletto direttamente dal corpo elettorale) come organo d’indirizzo e di controllo, mentre il potere gestionale e concentrato nella giunta a cui compete ogni funzione che la legge o lo statuto assegnino al Consiglio, al Sindaco, o ai funzionari locali.
Sempre dalla legge 142/1990 si evince che i poteri dei dirigenti degli enti locali debbono essere esercitati secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente.
Le norme in questione, essendo fondate sul principio generale della distinzione tra i compiti di governo di indirizzo e di coordinamento e gestione, struttura fondante della riforma delle autonomie locali principio inderogabile del D.lgs 267/2000.
L’articolo 117 comma 2 della Costituzione non esclude un importante ruolo degli enti locali, proprio sul fronte dei rapporti fra organi di governo e sulle rispettive competenze. La stessa forma di governo non è più la previsione degli organi e alla determinazione dei loro rapporti reciproci, ma ricomprende la tematica del decentramento territoriale, del ruolo attribuito al difensore civico, delle modalità statutarie distributive delle funzioni all’interno dell’Ente.
ZOFF

Statuti e Regolamenti degli Enti pubblici

La potestà normativa secondaria è propria anche degli Enti Pubblici: essa costituisce espressione della c.d. autonomia normativa, che rappresenta il principale contenuto dell’autonomia pubblica. Si va dalla massima autonomia attribuita alle Regioni, a quella minore, degli Enti locali, a quella, ancor più ristretta, dei c.d. enti strumentali.
Gli Statuti contengono le norme organizzative fondamentali delle strutture cui si riferiscono. Lo Statuto è definibile come la “Legge fondamentale” di un determinato organismo.
Il fenomeno degli Statuti non è proprio solo del Diritto Pubblico, ma si presentano identici anche nell’ambito del privato: ogni società, associazione sono rette dal proprio Statuto (oltre che dalla disciplina del Codice Civile).
L’autonomia statutaria implica un’accentuata autonomia politica dell’organismo che ne è dotato, e tale capacità di autodeterminazione dei propri fini segna la separatezza e l’individualità rispetto alle altre realtà istituzionali.Sui Regolamenti delle regioni a statuto ordinario la Costituzione detta una disciplina abbastanza precisa.
La potestà regolamentare è di tipo esclusivamente organizzativo, in riferimento alla struttura degli uffici e al rapporto con il personale.
Non tutti i regolamenti degli Enti pubblici hanno natura normativa; molti di tali regolamenti sono validi esclusivamente nell’ambito dell’ente, e non hanno effetti nei confronti dei cittadini.
I regolamenti aventi carattere realmente normativo sarebbeo esclusivamente i c.d. “regolamenti esterni” ossia i regolamenti organizzativi e quelli che disciplinano l’erogazione dei servizi che l’ente presta alla collettività.
I regolamenti degli enti pubblici oltre che alle leggi sono sottoordinati anche ai regolamenti governativi.
ZOFF

Riserva di Legge e preferenza di legge

Si definisce riserva di legge assoluta quella previsione costituzionale per cui una certa materia può essere disciplinata solo dalla Legge, mentre la riserva relativa è quella che impone al legislatore di dettare la disciplina generale della materia considerata.
Nel caso di riserva assoluta, la normazione di secondo grado, se non addirittura vietata, deve comunque ritenersi strettamente limitata. Ciò significa che nelle materie coperte da riserva assoluta sono ammessi solo i c.d. “regolamenti di esecuzione”.
Nel caso di riserva relativa, la normazione secondaria può invece coprire tutta l’area della disciplina di dettaglio.
La “Preferenza di legge” esprime la più alta collocazione della legge stessa nella gerarchia delle fonti e quindi la subordinazione ad essa degli atti di normazione secondaria. Ciò si concretizza nell’immediata abrogazione delle norme poste dalla fonte sott’ordinata non appena la materia da esse regolate sia disciplinata con legge.
La “direttiva” si differenzia dall’ordine gerarchico (anch’esso impartito nell’ambito di un rapporto di sovraordinazione tra uffici) perché al contrario di quest’ultimo essa consente al destinatario margini di scelta circa il comportamento da seguire e, al limite, circa la stessa osservanza del comando ricevuto, che potrebbe essere addirittura disatteso, purché con adeguata motivazione.
Le norme eventualmente dettate con la direttiva sono sempre e soltanto “norme interne”, irrilevanti come tali per l’ordinamento generale.Le direttive ministeriali, spesso autorizzate da un’apposita norma di legge a disciplinare in maniera più specifica, argomenti affrontati, ma non esauriti dalla legge stessa.
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Il principio di legalità

Si definisce principio di legalità il principio per cui una pubblica funzione deve trovare il proprio fondamento in una norma di legge che genericamente l’autorizzi e giustifichi il vigore imperativo degli atti in cui essa s’esprime.
Tale principio, profondamente correlato all’idea della legge quale diretta espressione della volontà generale, vede nella funzione legislativa la più alta manifestazione della sovranità popolare, cui tutte le altre funzioni dello stato sono assoggettate.Il valore della legalità assume carattere assoluto, com’è chiaramente indicato dall’art. 110 della Cost.
Per quanto riguarda l’Amministrazione, nel cui ambito il principio di legalità si è affermato in modo non sempre uguale, un primo elemento di complessità è costituito dalla eterogeneità delle strutture che vanno sotto il nome di Amministrazione pubblica.
Le amministrazioni di stampo burocratico prive di un legame diretto con la comunità civile ritraggono integralmente dalla legge la legittimazione politica della propria autorità, mentre, per contro, le amministrazioni autonome, specie a base territoriale (Regioni, Provincie, Comuni), si configurano come emanazione delle collettività da esse amministrate, ed hanno legittimazione politica in gran parte indipendente dalla legge.
Per soddisfare un’esigenza di legalità formale, è sufficiente che l’attività amministrativa considerata sia semplicemente autorizzata dalla legge; quest’ultima può quindi limitarsi a conferire il potere, precisandone competenze e materia, ma senza doversi spingere a dettarne condizioni, presupposti e modalità d’esercizio.
Il contrario avviene invece se si assume il principio in un’accezione sostanziale: la necessaria conformità alla legge dell’attività amministrativa presuppone una disciplina legislativa che possa costruire un modello (esatto e completo) di quest’ultima.
Per l’attività normativa secondaria dell’esecutivo, il principio di legalità da un lato richiede che ogni manifestazione di funzione normativa secondaria abbia un fondamento legislativo, e sia pertanto autorizzata (in via generale o specifica) da una legge, dall’altro, che esso consenta che la legge si limiti ad autorizzare in via generale l’esercizio della potestà normativa secondaria, indicando l’organo cui essa spetta la materia per cui la stessa è attribuita, senza doverne circoscrivere il contenuto con previsioni che vadano al di là dei principi generali della Costituzione. Nella nostra Costituzione nell’art. 87 comma 5 e art.95 e 97 presuppone e legittima in astratto la potestà normativa secondaria, ma nulla afferma in ordine alle modalità ed ai presupposti del suo esercizio.L’attività amministrativa non può considerarsi integralmente come proiezione ed esecuzione della legge, perché l’Amministrazione in alcune sue importanti articolazioni (per esempio le Autonomie locali), ha un profondo e diretto radicamento nel corpo sociale, che ne legittima di per se la veste autoritaria.
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venerdì 16 novembre 2007

Ordinanze; Atti amministrativi generali

Si può affermare che, nel nostro diritto positivo, gli atti normativi sono contraddistinti sia da elementi di carattere formale che da elementi materiali.
Le ordinanze in senso stretto vanno più propriamente qualificate come ordinanze di necessità e d’urgenza, e consistono e consistono in una particolare categoria di ordini che talune autorità amministrative sono autorizzate ad emanare, sul presupposto della necessità e dell’urgenza di provvedere, con contenuto non prederminato, appunto per poterlo adattare a quanto le circostanze di volta in volta richiedono.
Il dato comune di tutti tali provvedimenti è di non avere un contenuto predeterminato, ma di trovare nella legge autorizzativa soltanto l’indicazione dei presupposti (necessità ed urgenza) e del fine (tutela dell’ordine pubblico; della salute ed incolumità pubblica; dell’igiene pubblica; dei diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini.La finalità tipica del potere di ordinanza è quella di consentire alla P.A. di far fronte rapidamente ad evenienze per le quali non è possibile dettare preventivamente una normazione apposita.
Le ordinanze di necessità e di urgenza non sono emanabili ove la fattispecie da esse regolate risulti disciplinata altrimenti, ed ove quindi il diritto preveda strumenti appositi per far fronte alla situazione.
I limiti del potere di ordinanza sono limiti costituiti in primissimo luogo, come per ogni atto normativo, dalla necessità di rispettare la Costituzione e le leggi costituzionali. Da qui discende l’impossibilità di emanare ordinanze in campi coperti da riserva di legge assoluta.
Si aggiunge poi l’ulteriore limite del rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Se infine si verte in materia oggetto di riserva di legge relativa è necessario, perché possa ammettersi la previsione legislativa del potere di ordinanza che la legge attributiva del potere stesso predetermini criteri e modalità generali d’esercizio del medesimo.
Nelle materie non coperte da alcuna riserva di legge, il potere di ordinanza può invece svolgersi liberamente, purchè nel rispetto della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento.
L’ordinanza assume carattere derogatorio e non abrogativo, della legislazione ordinaria: essa non pone nel nulla ne tanto meno modifica la disciplina vigente, ma ne sospende temporaneamente e per taluni casi, l’applicazione. Venutone meno il vigore, le disposizioni derogate riacquistano automaticamente piena efficacia precettiva.
Gli atti amministrativi generali sono gli atti che si rivolgono ad una pluralità di destinatari, indeterminati e indeterminabili. Gli atti amministrativi generali possono emanarsi purchè l’autorità competente abbia, in materia, potestà amministrativa. Gli atti amministrativi generali non hanno efficacia erga omnes, ma solo nei confronti dei soggetti da essi contemplati, ne possono essere quindi invocati da altri.


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L’atto normativo. Concetto ed individuazione

Nel campo del diritto amministrativo, sono molteplici gli atti dell’Amministrazione che dettano disposizioni che concorrono a regolare la condotta dei consociati.
L’atto normativo è caratterizzato dalla novità del precetto che esso pone, precetto che modifica la realtà giuridica preesistente, creando dunque “diritto nuovo”.
In tale ottica, tra una legge, una sentenza, un provvedimento amministrativo, un negozio giuridico di diritto privato, si riscontrano distinzioni di grado e di origine, ma non di sostanza, trattandosi sempre e comunque di “atti normativi”, la cui emanazione crea “diritto nuovo”.
In quest’ottica, la nozione di atto normativo finisce con quella di atto giuridico negoziale.
Esiste una profonda diversità di regime tra gli atti emanati da autorità amministrative in ragione del loro carattere normativo e non normativo.
Il Legislatore del 1990 emanando la Legge 241/1990, “ Nuove norma in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” ha uniformato la disciplina procedimentale di atti normativi, programmatici e generali.
Le teorie dominanti pongono l’accento essenzialmente sul carattere dell’astrattezza, unico connotato ritenuto peculiare ed esclusivo degli atti normativi veri e propri.
Una cosa è disporre, altro è il provvedere: una cosa è dettare, in via preventiva, le regole di composizione degli interessi dei consociati ( dunque le regole cui deve ispirarsi la valutazione giuridica della loro condotta), cosa diversa è dare un assetto concreto e puntuale a tali interessi, sia pure in termini generali.
La distinzione è nella pratica, di ardua applicazione; basti pensare alle ricorrenti difficoltà di qualificare, in senso normativo o provvedimentale, gli atti amministrativi a contenuto generale, ed in specie gli atti programmatici.
Il riferimento più costante è quello ad atti con carattere di mera esecutività (ossia puramente specificativi di una normazione previdente).
La distinzione tra il disporre e il provvedere viene desunta dai fattori che determinano la volizione provvedimentale.
Tuttavia nel nostro diritto positivo si sta avviando un processo di identificazione degli atti normativi su base formale.Con l’entrata della 241/1990 il legislatore ha equiparato atti normativi, atti generali ed atti programmatici


GENTILE

Introduzione alla normazione secondaria

La legge non costituisce l’unica fonte del diritto amministrativo. Non ne rappresenta neppure la fonte più cospicua. L’intervento di fonti normative di matrice amministrativa, cui è in gran parte affidata, in molti casi, la disciplina di importantissimi settori del nostro ordinamento.
Ciò che le caratterizza è quello di non essere leggi in senso formale, di non promanare dal Parlamento ma da organi dell’esecutivo.
Alcuni tipi di atti normativi secondari sono i Regolamenti ( nelle loro varie specie) e gli Statuti.Separata considerazione, per importanza pratica, meritano le Circolari ( che introducono il tema delle c.d. Norme interne) e la Prassi Amministrativa.


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I tipi di Legislazione regionale

Nel nuovo art. 117 della Costituzione si opera una fondamentale variazione del criterio di ripartizione della funzione legislativa tra Stato e regioni. Appartiene alle Regioni la potestà legislativa in qualsiasi materia che non sia espressamente riservata dalla costituzione alla potestà legislativa statale.
Lo Stato ha potestà legislativa esclusiva nelle materie indicate nel Comma 2° dell'art. 117.

Lo Stato e le regioni sono titolari di potestà legislativa "concorrente" nelle materie indicate nel comma 3 dell'art. 117.

In tutte le altre materie, sussiste la potestà legilslativa "esclusiva" delle regioni.

Spetta alla potestà legislativa esclusiva dello Stato determinare i "livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale"

Lo Stato al solo fine di salvaguardare l'uguaglianza dei diritti civili e sociali dei cittadini, può disciplinare materie ricadenti nella legislazione regionale esclusiva.

Nelle materie devolute alla legislazione concorrente, dunque, spetta allo Stato la riformulazione dei principui fondamentali della disciplina, mentre resta riservata alle regioni la normazione di dettaglio.


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mercoledì 14 novembre 2007

Legislazione regionale e il concetto di legge

Le recenti riforme costituzionali hanno radicalmente modificato lo stesso concetto di "Legge" e di funzione legislativa. Fin dalla legge costituzionale n. 3/2001 nell'ordinamento italiano, la categoria della legge è rappresentata, insieme alla legge statale e dalla legge regionale.
Questo risukta dal nuovo art. 117 Cost. che recita: " la potesta legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali".
Stato e regioni sono entrambi titolari della potestà legislativa. La potestà legislativa regionale è equiordinata a quella statale, avendo come soli limiti intrinseci quegli stessi della legislazione statale: la Costituzione, l'ordinamento comunitario, gli obblighi internazionali.


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